La mia seconda vita giapponese, sembra proprio quella seconda impossibile vita che Meursault avrebbe voluto per sé in cambio (o dopo) di quella che avrebbe dato al patibolo di Francia. Egli urlò al prete: - Vorrei (non la vita eterna) ma una vita in cui mi possa ricordare di questa! - probabilmente solo perché si sentì pressato ed esasperato e quindi portato a concepire intenti vendicativi.
Non è questo il mio caso e sarà forse una vaga suggestione, chi può dirlo, ma a volte, quando penso alla mia vita, ho l’impressione di aver ricalcato, e di ricalcare, passivamente e inconsciamente, la traccia della vita di Meursault, di tanti Meursault, di tutti loro quanti ne sono esistiti.
Vivendo io, proprio io, una seconda impossibile vita: irregolare e preziosissima, proprio perché costellata di memorie della prima, potrei dire di stare rivendicando o forse di aver ereditato, anche inconsapevolmente, lo stesso “principio universale di Meursault”: quel diritto non ancora universalmente riconosciuto, inalienabile e superiore ad altri diritti, che intimerebbe a tutti il rispetto dell’indole umana, propria e altrui, a qualunque costo individuale e sociale.
Non si parla mai, seriamente, di indole nel mondo degli umani. Non vi è traccia di “indole” nei meccanismi del consorzio sociale, pur mantenuto dagli umani e per gli umani. Eppure, quanto più naturale diverrebbe la nostra società, e quanti meno “stranieri” in patria si avrebbero al solo riconoscerla come centrale in ogni ecologia.
No, il libro di tela bordeaux non è mai stato restituito alla biblioteca, e probabilmente ha continuato il suo viaggio.