Da altre piattaforme, quelle nelle quali sembra ancora possibile - seppur entro certi limiti - governare la "bolla filtro dei loro algoritmi" - o restare cosciente del funzionamento di questi ultimi - saranno abitualmente e perpetuamente puniti contenuti, autori, canali, feed, suggerimenti che più o meno chiaramente attentino al valore e alla integrità del mio tempo personale e alla qualità positiva del mio pensiero e delle mie visioni creative.
Come detto, questa politica vale per contenuti e personaggi che portino messaggi chiaramente negativi, deprimenti, attentatori della quiete, e non richiesti, ma ciò vale perfino per contenuti e personaggi gradevoli o graditi che però disgraziatamente - e magari senza colpa - non si trovino allineati con i miei obbiettivi correnti, privati o pubblici, più urgenti.
Quanto scrivo può sembrare banale a molti, ma sfido questi stessi molti ad aver il controllo che serve sugli impulsi passatici, secondo dopo secondo, dal Web, dalla TV, dalla stampa.
La mia censura è dunque una censura in entrata, non certo in uscita. Tutti hanno effettivamente il diritto di esprimere ciò che vogliono, dove e come vogliono. Ricordo solo a me stesso di preservare il diritto di proteggermi.
All'età di cinquant'anni il tempo ha infatti improvvisamente assunto un valore nuovo per me, ed è sconcertante rendersi conto - ai ritmi e con le possibilità del mondo nuovo - quanto danno possa annidarsi in una sola ora di esposizione a contenuti e informazioni remote che calano a valanga da ogni dove.
Questa determinazione non distingue tra vita reale e vita virtuale, sebbene il maggior rischio e danno provenga chiaramente dal Web.
In un certo senso e per quanto mi riguarda è finita la lunga era della mia divaricazione democratica e culturale, tipica della mia "rischiosa" giovinezza.
Ho raccolto sufficienti informazioni per chiarirmi che, sotto le mentite spoglie di un'umanità tutta eguale e fraterna, si celano almeno due razze, due popolazioni, due squadre e tribù: i pavidi e gli impavidi.