Questo sciopero morale, contro qualcuno o qualcosa, è semplicemente inaudito. È lo Stato (dei cosi) contro lo Stato (delle cose).
"Cosa sia lo Stato", o "chi sia lo Stato", è anche una questione farlocca.
Lo Stato può continuare a:
- rivelarsi un soggetto collettivo, diffuso, imprendibile e latitante per natura, oppure
- si rivela essere una proiezione idealizzata e "olografica" del cittadino stesso, e dunque ogni possibile sfacelo è tutta colpa del cittadino singolo, motivo per cui nessuno decide di... costituirsi, prendersi micro-responsabilità, rimboccarsi le maniche.
E per "politica" non intendo quella sportivamente narrata dai giornali bensì la "polis della pluralità". Noi.
Noi ci odiamo. Singolarmente, reciprocamente e in ogni altra possibile configurazione.
Altra spiegazione non ne trovo.
Perché mi è ormai chiaro che tutti i sistemi naturali all'opera su questo pianeta, in assenza di "gravità affettiva", cioè al netto di una diretta pratica (perfino) di amore o soprattutto di odio, tendono comunque a migliorarsi, evolvere, correggersi, in virtù proprio della diffusa pluralità del fenomeno.
In un sistema in equilibrio, anche quando nessuno si assume una responsabilità, o nessuno si assume un governo, gli ambienti e i consorzi si autogovernano secondo leggi naturali evolutive, distribuite sui partecipanti.
Ma come spiegare la tendenza al ribasso di molte istituzioni occidentali? E per "istituzioni" intendo semplicemente: la cura di sé, il minuto mantenimento delle cose, l'amor proprio, vedersi proiettati nell'arco evolutivo comune, incastonati in un futuro di maturo splendore, da consegnare ai posteri?
Mi è evidente, ora, che sia i cittadini che i loro fasulli amministratori, sono tutti impegnati nella distruzione del disegno e delle dinamiche naturali.
Lo Stato non è assente, lo Stato è presentissimo, ci odia e si odia.
I frutti del suo governo (nazionale, regionale, provinciale, cittadino e rionale) provengono da un precisissimo governo d'odio.
Nelle campagne del mondo moderno, dove non si sia raggiunto questo eccesso di velenosità, e dove dunque resiste una civilizzazione ottocentesca, fortunosamente obsoleta e anacronistica (poche strade, pochi negozi, molta natura) tutto sembra ancora mantenersi in una forma accettabile, naturale, ideale.
Poco uomo, poco odio.
L'uomo e la sua natura convivono, danni e malanni locali sono pochi e rari, e il sistema immunitario del sistema civico riesce a farsi carico della soluzione dei problemi, appena si presentano, attraverso l'intervento - spesso automatico - delle sue cellule, i cittadini stessi.
Non vi è distanza di sorta tra il primo e l'ultimo cittadino, dunque ciò che può fare il sindaco lo può fare l'ultimo: raccogliere un rifiuto, cancellare un graffito, pulire una statua, curare un'aiuola. In un tale sistema non c'è reale necessità di burocrazia o sovrastrutture.
Le grandi città d'Occidente sono ormai tutte in una morsa suicidaria.