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Il trono vacante
L'incomprensibile, inaccettabile, assenza di un erede di Totò
3 Months ago
4 Min Media Credits: Federico Patellani (1948) 

Scivolava come su delle rotelline, una candela accesa in mano, il frac da becchino, e sotto l'ala della bombetta due occhi allucinati, dolcissimi, da rondone, da ectoplasma, da bambino centenario, da angelo pazzo.

Federico Fellini
Sono passati ormai tanti anni dalla scomparsa fisica di Totò. Eppure la sua opera cinematografica non accenna a tramontare, cavalcando le alte onde di diverse rivoluzioni di costume, gusto e tecnologia: l'onda delle televisioni nazionali e private, l'onda dello home-video su VHS, della riedizione su DVD, l'onda dei file AVI e MPEG su piattaforme di condivisione file come e-Mule, l'attuale e lunga onda di YouTube...

Il fenomeno Totò è esso stesso un fenomeno.

Tuttavia, a mio avviso, si è da tempo concluso il necessario periodo di lutto corporativo, quello che normalmente per moralità e decoro proibisce la salita sul palco di un naturale sostituto.

Totò è un personaggio irripetibile, nella sua unica fisicità, negli sprint linguistici e nel modo con cui dirigeva i suoi direttori o dirottava le loro pellicole. Per molti anni dopo la sua morte abbiamo avuto solo imitatori della sua maschera: frac, bombetta, pantaloni a "zompafuosso" e movimenti da burattino. Poca roba, spesso deprezzata proprio dalla prima serata sulla RAI da parte di comici in ascesa negli anni Ottanta, come per esempio Enrico Montesano, sul palco già ingombrante ed energetico di suo, per poter anche incarnare una divinità del teatro e del cinema.

Si deve segnalare il lavoro di Francesco Paolocci che è in grado di replicare fisicamente Totò ben oltre la dimensione dell'imitazione grazie a una sapiente tecnica di trucco ed effetti speciali. Il risultato è obbiettivamente scioccante, grazie anche a una similitudine corporea tra Paolocci e Totò e certamente grazie ad anni di studio sulle movenze, le espressioni facciali, la modulazione della voce.

Agli imitatori di Totò si deve il massimo della riconoscenza per aver tenuto vivo il ricordo, la fisicità, il progetto segreto e coraggioso per un ritorno di Totò.

Oggi l'Intelligenza Artificiale promette di fare miracoli, anche nel caso di Totò, ma il "Totò AI" sarebbe una diversione del fenomeno in... diversa dimensione. Il comparto delle arti performative umane - finché un'arte come il cinema rimarrà viva e valida - resterebbe sempre sguarnito.

Non nascerà comunque mai un altro Totò - possiamo essere d'accordo. La grandezza e unicità di Totò - non intesa come maschera bensì come principio - sono tuttavia sempre accessibili a chiunque, a patto di non profanare più il burattino emblematico.

Dopo quasi cinquant'anni dalla sua dipartita, è più che possibile analizzare e ritrovare gli ingredienti della sua ricetta recitativa generale, replicarla, e reintrodurre i semi di Totò a patto che esista un terreno voglioso d'essere fertile.

L'obbiettivo non è "resuscitare" Totò, bensì restituire al pubblico un erede degno e capace di mantener viva la sua tradizione, il "blueprint" che ci ha lasciato, il design intelligente, la tecnologia performativa, senza uguali, dell'attore.

Il "Sistema Totò".

Senza lasciarsi fuorviare dalla narrazione più comune, incentrata sul "popolano che diventa principe", "sul guitto affamato che diventa ricco", "sul brutto che accede alle più belle donne", non sorprendentemente, Federico Fellini ha centrato forse la miglior descrizione di Totò, e lo ha fatto evidentemente da consumato regista.

Fellini descrive Totò (l'uomo, l'attore, non il personaggio o la maschera) come "un angelo pazzo", "un bambino centenario".

Non v'è dubbio che alla base del Sistema Totò vi sia una dicotomia "sale-zucchero", ma certamente quella che sancisce l'immortalità di Totò nel medium del cinema - e di conseguenza nell'immaginario collettivo - è la dicotomia basata sul tempo e l'età.

Resta immortale chi ignora la prigione del tempo.

Totò era consumato e deforme da giovane, recitando ruoli dinamici, fisici anche rocamboleschi, ed era infantile da anziano. E quando dico "infantile" intendo proprio "infante" non "bambino". Gesti, ammiccamenti, modi di sedere, assurdità, languori che Totò esprimeva - da anziano, nelle pellicole più tarde e per molti forse anche le peggiori - erano e sono ancora irresistibili, grazie a questo infuso, diffuso, infantilismo prelinguistico.

Si volesse far nascere oggi, anche a tavolino, il sostituto di Totò, per il bene del pubblico, per il bene del medium, per il bene dell'intera società, basterebbe consacrare un giovane attore al Sistema Totò, un sistema in cui l'attore sia consapevole e desideroso di trascendere il mezzo, la società, il linguaggio, per risultare più grande ed esteso della propria completa filmografia.

È necessario debordare nel giusto modo.

Basterebbe un attore che... reciti la parte dell'attore, per infiltrarsi come un uomo senza età né tempo all'interno di un'industria che normalmente, appunto, trascende età e tempo.

Basterebbe un attore che non manchi di - o tradisca - un proprio piano di umile servilismo nei confronti del pubblico esteso, e non dei produttori.

Basterebbe un attore che, cascasse il mondo, fosse sempre sé stesso (un angelo pazzo, un bimbo centenario) in ogni pellicola, ruolo, comparsa gli venisse richiesta, che non ceda mai al turpiloquio, che mai rinunciasse all'ultima parola sui dialoghi.

Se anche la storia del titolo nobiliare fosse falsa, farsi chiamare "Principe" sul set è una mossa ben assestata per operare nelle produzioni da una posizione di eminenza.

Basterebbe un attore che amasse davvero il pubblico, da ben prima del suo debutto, durante la sua carriera e finanche dopo la propria morte.

Perché è innegabile che se Totò ancora ci fa ridere, ci solleva gli animi, ci intrattiene e ci cura la depressione è perché riesce a esprimere amore per gli umani (e farsi amare da essi) proprio come il massimo cinema vorrebbe che sia.

E non è più.



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